Energie rinnovabili e auto elettrica, le opportunità per l’Italia
Il 30 gennaio, il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti volerà a Bruxelles – insieme ai suoi omologhi di Francia, Germania, Spagna e UK – per prendere parte a una riunione in cui dovrà mostrare quali misure sono previste per rispettare gli standard comunitari. Nel caso in cui questa indicazione non sia chiara, potrebbe scattare la proceduta d’infrazione. Il che sarebbe un peccato doppio: prima di tutto perché testimonierebbe, ancora una volta, una soglia di attenzione troppo bassa da parte di chi ci governa (in Italia e in Europa) per le tematiche che interessano la salute di tutti. Secondo, restringendo il campo all’Italia, perché vorrebbe dire non valorizzare quanto di buono è stato fatto negli ultimi anni nel nostro Paese. Che cosa? Una politica di incentivazione dell’energia solare che ha portato l’Italia a essere il secondo produttore europeo (e uno dei principali al mondo) per la produzione di elettricità a partire dal solare, appunto: nel 2016 producevamo 19.274 MW di picco, contro i 41.340 della Germania, prima, e gli 11.562 del Regno Unito, terzo.
Sfruttare il potenziale dei pannelli fotovoltaici
Difficile stabilire quanto l’energia elettrica prodotta dai pannelli fotovoltaici – spesso installati da privati sui tetti delle proprie abitazioni – possa bastare per muoversi con l’auto elettrica (dipende dal tipo di auto, dalla percorrenza, dallo stile di guida…). Di sicuro, se lo Stato liberasse delle risorse economiche per incentivarne l’acquisto, l’aria delle nostre città sarebbe sicuramente migliore, perché cadrebbe il teorema dei detrattori di questo genere di veicoli, secondo cui anch’essi inquinano perché l’elettricità si ricava da carbone e petrolio. Il che è anche vero, ma bisogna comunque considerare la maggiore efficienza dell’auto elettrica rispetto a quella a combustione interna: 52% contro 18-19% nel cosiddetto ciclo “dal pozzo alla ruota”, che tiene conto di tanti fattori come la raffinazione e il trasporto del petrolio, la conversione dell’energia nel motore a scoppio e, dall’altro lato, delle dispersioni lungo la rete elettrica, della trasformazione dell’energia elettrica in meccanica, etc.. A tutto ciò si aggiunge un altro fattore: la possibilità di dire addio alle “domeniche a piedi”, misura emergenziale spesso adottata dalle amministrazioni per ridurre i picchi di inquinamento.
Un trampolino per l’economia
Al di là delle motivazioni legate all’ecologia e, quindi, alla salute di tutti – e che dovrebbero essere i principali motori di un ripensamento dello sfruttamento energetico – ci sono anche risvolti economici importantissimi. Secondo uno studio Ambrosetti (The European House – Ambrosetti, ovvero il gruppo professionale di consulenza aziendale a 360°), la filiera allargata della mobilità elettrica genera, in Italia, un fatturato annuo di quasi 390 miliardi di euro, per un totale di circa 160.000 imprese e 823.000 occupati. Le potenzialità sono però molto più alte: se si prende in considerazione esclusivamente il mercato degli autoveicoli elettrici e il fatturato generabile in ciascuna fase della filiera ad essi collegata, si potrebbe generare un fatturato compreso fra i 24 e i 100 miliardi di euro al 2025 e fra i 68 e i 303 miliardi al 2030; cifre variabili in base ai vari scenari di sviluppo presi come modello. Si capisce bene, dunque, come la mobilità elettrica abbia tutte le potenzialità per essere ben più di una “bandiera” in mano agli ecologisti.
Un’opportunità anche per il Sud Italia
Di piani per la crescita del Mezzogiorno se ne parla praticamente dall’unificazione dell’Italia, con i risultati che – purtroppo – conosciamo. Fatta questa premessa, la mobilità elettrica potrebbe dare il suo contributo a questo scopo: secondo l’Indice del Trasporto Elettrico (ITE) (uno strumento di monitoraggio che permette di misurare la performance in termini relativi delle 20 Regioni e delle 14 Città Metropolitane italiane sulla mobilità elettrica, realizzato dallo studio Ambrosetti) la situazione è molto diversificata tra le diverse aree del Paese: tolta la “virtuosa” Puglia, tutte le Regioni del Sud Italia si collocano nella parte bassa della classifica, evidenziando così l’ampio potenziale di sviluppo della mobilità elettrica in questi territori.
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